La Santa di Viù | Donatella Cane

San Giovanni Bosco e la "Santa" di Viù
1846

Nel corso della raccolta di materiali per il libro "Favole e leggende della Valle di Viù", pubblicato nel 1977, molte persone, specialmente dell'Inverso, ricordavano fatti avvenuti nel secolo precedente in località Vignette di San Vito, connessi con una rapinatrice assassina soprannominata la Santa.
Tutte queste notizie erano compendiate in questo racconto.

La Santa
(da "Favole e leggende della Valle di Viù", 1977)

Un tempo non c'era il ponte Barolo per venire su a Viù e c'era una strada che chiamavano la strada dei boschi e passava per l'Inverso, attraversava il Rio dell'Agnello, andava alle Toglie e da lì su fino alle Vignette e poi potevi andare ai Mulini o alle Fucine.
Là alle Vignette c'era una donna che dava ospitalità a tutti i forestieri che passavano per la strada dei boschi.
Quella lì aveva anche fatto costruire una cappella vicino a casa e dei piloni che andavano giù fino a Stura.
Le donne della borgata accanto, tutte contente di avere una cappella a due passi, dicevano: "Ah, è proprio una santa! Puoi capire, far fare una cappella così bella! È proprio una santa!".
Ma qualcun altro saltava fuori a dire: "Ma che santa e santa! Io non credo che sia una santa!".
"Ma fa fare anche i piloni della Via Crucis".
"Ma i soldi dove li prende?".
"Non è di Viù e vive anche isolata e noialtri non la conosciamo bene".
E facevano grandi chiacchierate e discussioni, finché la notizia della santa è venuta alle orecchie di Don Bosco il quale ha detto: "Come va quello? Ah, vado su io a vedere".
Si è travestito da merciaio ambulante, ha preso la strada dei boschi ed è arrivato alle Vignette.
Là ha messo il naso dappertutto, poi fa: "È una santa indiavolata!".
Allora sono andati a vedere nella cappella e dietro all'altare han trovato teste di morto, braccia, gambe, tutto quel che si può credere.
"Ahimè, che cos'è quello?".
"Sono ossa di persone, guarda qua".
"Chi sono?".
"Ah, io l'avevo detto che non era una santa".
Un tale s'è battuto la mano sul capo e ha detto: "Ecco dove prendeva i soldi!"
Così hanno capito che lei alloggiava i forestieri e li uccideva per prendere loro i soldi per fare la cappella e i piloni.
E dopo di allora, il posto là con la casa e la cappella l'han sempre chiamato la Santa.

Tutte le persone che me ne hanno parlato hanno voluto restare rigorosamente anonime e si sono rifiutate recisamente di dirmi il nome della Santa.
E allora chi era? Che fine ha fatto? E come si sono realmente svolti i fatti?
In effetti a Vignette esiste una cappella, poi sconsacrata e adibita a fienile per un certo periodo, ed oggi del tutto abbandonata. L'edificio appare costituito da una cappella più ampia e recente che ha sul retro una seconda costruzione, più piccola e più antica, oggi in completa rovina.
La cappella è separata dalla casa da un prato in cui alcuni degli informatori ricordavano di aver giocato a bocce da bambini con i teschi, ora scomparsi, che prendevano dietro all'altare della cappella.
Nell'archivio parrocchiale di Viù si trovano tre relazioni dei Vicari in occasione di visite episcopali, degli anni 1838, 1895 e 1913, dove si fa menzione della cappella di Vignette.
1838 - Relazione dello stato della Parrocchia di San Martino di Viù retta dall'anno 1826 da me, Domenico Gaffini.
Alle Vignette Cappella sotto il titolo della Natività di Maria Vergine sufficientemente provvista.

1895 - Relazione della Parrocchia di San Martino Vescovo, eretta nel Comune di Viù, retta da me don Giacomo Leggiadri prevosto e Vicario foraneo della medesima.
Cappella della Natività di Maria Vergine SS. sita all'Inverso, regione Vignette, proprietà della famiglia Aires-Silett, per varie irregolarità ed inconvenienze questa cappella è interdetta, e non ho mai ivi celebrato, né si celebra la messa.

1913 - Relazione della Parrocchia di San Martino Vescovo di Viù, presentata alla visita pastorale, fatta li 22 giugno 1913…
Un poco più discosto di San Vito nella regione Vignette esiste una cappella sotto il titolo della Natività della M.V. Era di proprietà della famiglia Aires-Silet, e da un anno circa è passata in proprietà di certo Alamanno Giuseppe: Mi si dice che possedesse qualche piccola cosa in terreni, ed aveva obbligazioni di culto. Però, sia per lo stato di decadenza in cui si ridusse, sia per altre cause, fu già interdetta in precedenti visite pastorali.

Vi è pure una supplica, datata 1875, di Ajres Giovanni Battista soprannominato Silet in cui fa presente come tale cappella fosse stata fondata 42 anni prima da suo padre Ajres Domenico, che in seguito, a causa di "vari miracoli ivi operati, per la ricuperazione della vista del Sig. Teologo Bricco, aggiunse dalla parte anteriore un ampio santuario" mai però consacrato. Ajres Silet si lamenta per tale inspiegabile provvedimento e richiede gli opportuni provvedimenti.
Da questi documenti si deduce che la cappella fu fondata non dalla Santa ma da Ajres Domenico nel 1833, ma non si sa quali siano stati i miracoli che la fecero ampliare né quali le irregolarità ed inconvenienze verificatesi approssimativamente tra il 1838 (prima relazione) ed il 1895 (seconda relazione) e che ne impedirono la consacrazione.
Nel bollettino parrocchiale "Echi di vita parrocchiale di Viù - A LXIX-2-Marzo Aprile 1981" l'allora parroco don Giuseppe Bauducco riporta alcune pagine del secondo volume delle "Memorie biografiche del Sacerdote Salesiano Don Giovanni Battista Lemoyne", primo biografo di Don Bosco, che illustrano l'incontro avvenuto nel 1846, anno della elezione di Papa Pio IX, tra don Bosco e una donna di Viù, sedicente Santa. (leggi qui il testo originale delle Memorie biografiche).
Monsignor Fransoni, Arcivescovo di Torino, aveva incaricato don Bosco di fare "inquisizione sulla condotta di una donna, la quale per certo suo modo di vivere creduto soprannaturale, erasi acquistato il soprannome di Santa di Viù. Essa non contraddicente, si era sparsa la voce che da gran tempo non fosse stata vista da alcuno prendere cibo. Delle molte elemosine che riceveva ne faceva però buon uso, beneficando fanciulle povere ed orfanelle. La gente ricorreva a lei per consigli e per raccomandarsi alle sue preghiere".
Secondo le "Memorie biografiche" di Lemoyne, l'episodio della "Santa di Viù" si colloca nel 1846, dopo l'elezione di Papa Pio IX, avvenuta il 16 giugno di quell'anno.
Per una più precisa collocazione temporale del viaggio che don Bosco fece a Viù dopo aver accompagnato don Cafasso a Sant'Ignazio (Pessinetto) per gli esercizi spirituali, bisogna tenere presente che Papa Pio IX concesse l'amnistia per i reati politici il 16 luglio e l'epoca delle sue grandi riforme iniziò nell'agosto 1846: questo dovrebbe essere il periodo delle "frenetiche" dimostrazioni di consenso verso il nuovo Pontefice di cui parlano le "Memorie biografiche".
Poiché, sempre nelle "Memorie biografiche" è successivamente descritta una grave malattia di don Bosco, guarita in luglio, si potrebbe pensare che il viaggio sia avvenuto a fine luglio o in agosto.
In seguito all'incontro-scontro con don Bosco, la presunta Santa di Viù si ritirò per qualche tempo in un altro paese e smise ogni mistificazione. Il testo di Lemoyne non contiene precisi riferimenti a luoghi e persone di Viù, anche perché è unicamente basato sui ricordi dell'accompagnatore di Don Bosco, il signor Melanotti, caffettiere di Lanzo, che del Santo appare come un amico e uno stretto collaboratore.
Apprendiamo così che in effetti don Bosco venne a Viù (non sappiamo se a Vignette) nel 1846, non travestito da "marsé" (merciaio ambulante), ma in forma ufficiale e facendosi annunciare.
La Santa non uccideva i viandanti per derubarli e costruire la cappella, ma fingeva fatti soprannaturali a fin di bene, per soccorrere le orfanelle.
E se la cappella venne ampliata a causa dei supposti miracoli operati da questa donna, è logica conseguenza che, una volta smascherato l'imbroglio, non sia stata più consacrata.
Però chi era la Santa? Non si conosce il nome della protagonista della vicenda e l'episodio appare ancora in parte da chiarire. Al momento attuale soltanto il reperimento di qualche documento di archivio potrebbe fornire ulteriori informazioni.
La tradizione popolare ha rielaborato l' episodio di simulazione di santità secondo il classico schema dell'ostessa assassina di viandanti. Forse si è attuata la sovrapposizione di due vicende distinte, attribuendo alla santa ottocentesca delitti compiuti in epoca antecedente, non necessariamente ad opera di una donna, e che sono descritti in molti racconti popolari e presenti anche nel teatro dei burattini.
Cappella Natività

La Cappella della Natività di Maria Vergine, in regione Vignette.
(Foto di Giuseppe Allamano)

Cappella Natività

Veduta posteriore della Cappella della Natività di Maria Vergine.
(Foto di Giuseppe Allamano)

Cappella Natività

All’interno della Cappella, il lato dell’ingresso.
(Foto di Giuseppe Allamano)

Cappella Natività

All’interno della Cappella, si notano ancora parti di intonaco dipinto.
(Foto di Giuseppe Allamano)

Pilone votivo

Pilone votivo in regione Vignette, come ridipinto nel 1957.
Secondo la tradizione orale, don Giovanni Bosco si sarebbe recato a questo pilone.
Doveva essere il primo di una serie di piloni votivi destinati a collegare la regione Vignette alla sottostante cappella.
(Foto di Giuseppe Allamano)

Pilone votivo

Pilone votivo in regione Vignette, come ridipinto nel 1957.
Secondo la tradizione orale, don Giovanni Bosco si sarebbe recato a questo pilone.
Doveva essere il primo di una serie di piloni votivi destinati a collegare la regione Vignette alla sottostante cappella.
(Foto di Giuseppe Allamano)

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