Lemoyne | Donatella Cane

La "Santa" di Viù
Memorie biografiche del Sacerdote Salesiano Don Giovanni Battista Lemoyne

(…) Monsignore [Fransoni] di questi giorni [nel 1846, dopo l'elezione di Papa Pio IX] incaricava D. Bosco di andare a Viù nelle valli di Lanzo, perché facesse inquisizione sulla condotta di una donna, la quale per certo suo modo di vivere creduto soprannaturale, erasi acquistato il soprannome di Santa di Viù. Essa non contraddicente, si era sparsa la voce che da gran tempo non fosse stata vista da alcuno prendere cibo. Delle molte elemosine che riceveva ne faceva però buon uso, beneficando fanciulle povere ed orfanelle. La gente ricorreva a lei per consigli e per raccomandarsi alle sue preghiere.

D. Bosco obbedì e, prese informazioni esatte, conobbe essere quella donna di buona condotta morale e osservatrice delle leggi della Chiesa; ma sospettò che in lei andassero a pari una grande ignoranza e la vanagloria. Trattavasi adunque di investigare la vantata santità della sua vita, giudicandola per la schiettezza delle sue intenzioni; e senza perder tempo nell'esaminare i fatti meravigliosi che si narravano di lei.
Intanto D. Bosco, dopo aver accompagnato D. Cafasso a S. Ignazio per gli Esercizi spirituali, disceso a Lanzo prese con sé l'amico suo, il signor Melanotti caffettiere, e andò a Viù. Quivi giunto, si recò dal parroco e mandò il Melanotti ad annunziare alla santa, il prossimo suo arrivo, ma con termini che non indicavano aver egli molta premura di vederla, né dare alcuna importanza a simile visita. Il signor Melanotti, bene indettato e incaricato di osservare ogni benché minimo gesto o parola di quella donna, portò l'ambasciata. La santa parve poco lusingata dal freddo annunzio, e poi frenò a stento qualche atto d'impazienza, poiché era passata una grossa ora e il suo visitatore non compariva. D. Bosco finalmente giunse e fu introdotto alla presenza di costei che, circondata da un certo numero de' suoi ammiratori, ne stava seduta in mezzo, ma però in un seggio isolato. Ella aspettavasi che D. Bosco le si presentasse con riverenza e con modi cortesi; ma D. Bosco senza far motto, senza guardarla, andò a sedersi vicino a coloro che le facevano corona ed ascoltava i loro ragionamenti.
A un tratto il signor Melanotti a lui si rivolse e gli disse:
- Ecco, signor D. Bosco, che noi abbiamo la ventura di avere fra di noi la Santa e di ascoltare i suoi saggi e spirituali ammaestramenti.
- Tutto sta bene, rispose D. Bosco; ma io vorrei parlare in disparte con questa signora, e intrattenermi con lei in affari confidenziali e di grande importanza.

La donna, già punta dal contegno di D. Bosco e presentendo ora in confuso come le sovrastasse una minaccia, si levò in piedi e con aspetto e tono di voce magistrale, disse:
- Amo di parlare in pubblico, e in modo che tutti sentano e vedano il mio modo di diportarmi. Non cerco sotterfugi. Io voglio l'est est, il non non del santo Vangelo.
- Sia pure, replicò D. Bosco: io rispetto la vostra massima e la vostra interpretazione della Santa scrittura; ma vogliate udirmi un momento, e credo di potervi soddisfare con notizie delle quali vi compiacerete pienamente.

Essa allora, dopo un momento di esitazione, uscì dalla sala, invitando D. Bosco a seguirla. Melanotti si postò subito in maniera di poter essere testimonio di ciò che sarebbe accaduto. Giunti nella stanza vicina e rimasta la porta aperta, colei attendeva ciò che D. Bosco dir le volesse; e dopo un po' di silenzio il buon prete incominciò sottovoce:
- Da quanto tempo voi fate questo mestiere di ingannatrice, di ipocrita, di cialtrona?
- Come? come? rispose la donna, a stento frenando la stizza: noi non c'intendiamo!
- E perché non c'intendiamo, ripeto la mia domanda, soggiunse tranquillamente D. Bosco.
- Io un'ipocrita! Io un'ingannatrice! Esclamava inviperita, quella donna.
- Sì, sì, proseguiva D. Bosco, voi siete un'ipocrita, una superba, che abusando del nome di Dio, ingannate il volgo ed il mondo colle vostre male arti.
- Siete voi un superbo:... gridò allora quella donna; e, perduto il lume degli occhi, era per vomitare un'infinità d'ingiurie.
D. Bosco sull'istante le troncò la parola, e sorridendo le disse pacatamente:
- Io non ebbi alcuna intenzione di offendervi. Sapete perché ho incominciato a parlarvi nel modo che voi avete udito? Null'altro mi spinse a ciò se non il dovere di assicurarmi se voi eravate santa davvero, oppure se il vostro genere di vita fosse una finzione. Ma la mancanza assoluta che io ho trovato in voi della virtù essenziale ed indispensabile a tale uopo, cioè della santa umiltà, mi ha persuaso, pienamente che la vostra santità non è che una mala arte, un iniquo mestiere col quale voi volete vivere a spese altrui, ed essere nello stesso tempo stimata e venerata dai gonzi che vi credono. E ciò io vi dico in nome dell'Arcivescovo che mi ha mandato.

E le svelò, francamente, come cosa certa, ciò che per congettura aveva colla sua fina mente indovinato. Le dipinse eziandio la vergogna e il danno che gliene sarebbero venuti se, come era facilissimo, un giorno o l'altro qualche incredulo curioso, spiandola, avesse sorpreso il suo segreto.
Quella donna allibì e rimase di sasso alle parole risolute di D. Bosco. Conosceva in lui un uomo rivestito di autorità e in quei tempi simile impostura smascherata era severamente punita anche dalle leggi civili. Quindi dopo alcune altre parole piene di carità dette da D. Bosco, colle quali paternamente esortavala ad aggiustare le partite di sua coscienza, ad ordinar la sua vita in modo più cristiano e a cessare da quei maneggi menzogneri, essa riconoscendo la sua colpa rispose:
- Non credeva che la S. V. fosse così sagace: La ringrazio de' suoi consigli che saranno da me posti fedelmente in pratica, ma La scongiuro a voler tacere quanto è occorso fra di noi; io prometto solennemente di smettere subito la mia arte.

D. Bosco le concesse di ritirarsi, senza che gliene venisse danno o scapito di onore, da quella via nella quale sconsigliatamente si era messa, e da quanto seppe di poi, quella donna mantenne la sua promessa. Presa stanza per qualche tempo in un altro paese, si mostrò come ogni altro mortale bisognosa di sostentare col cibo la vita, e a questo modo smentì ogni falsa opinione sul conto suo. In lei D. Bosco aveva riconosciuto molta ignoranza e anche buona fede, sicché per soccorrere le sue fanciulle aveva creduto lecito un mezzo che era riprovevole.

Monsignor Fransoni ebbe da D. Bosco relazioni dell'esito di quella visita: fu contento di veder rinsavita quella povera donna, disillusi que' credenzoni che si erano lasciati ingannare, e nello stesso tempo si congratulò seco medesimo di possedere un Ecclesiastico che sapea compiere così bene la parte sua.

Questo fatto venne raccontato dallo stesso signor Melanotti.
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